Spesso si sente dire fra gli – addetti ai lavori – che la pratica della disciplina – Aikido – porta a socializzare. Ma come sia possibile che un’arte marziale, sotto certi aspetti dura e che fa ricorso anche alle armi, che si pratica in genere a coppie ed alle volte da soli può sviluppare ciò anche di più di uno sport di squadra come il calcio, il rugby ,la pallavolo ecc. ecc. ? Vi è da dire da subito che nella pratica dell’aikido ogni parte del corpo collabora alla riuscita di una tecnica. Far lavorare ogni parte del corpo non significa solo ripartire egualmente lo sforzo profuso, ma decisamente qualcosa di più. Prese singolarmente le membra del corpo ,parimenti agli organi, non possono vivere a lungo. Infatti basti pensare al trapianto di organi e la precisazione di cui sopra balza immediatamente e chiaramente a tutti. Laddove occorre, per eseguire anche un semplice spostamento, la collaborazione delle gambe e delle braccia , nonché di ogni altro muscolo di noi stessi appare sempre più evidente l’importanza di essere in armonia con tutto e con tutti. In genere possiamo camminare, correre, pensare, lavorare fino a quando anche l’unghia del nostro dito mignolo rimane al posto con la funzione che le è propria.
In buona sostanza possiamo vivere pienamente allorquando sia il muscolo più grande che quello più piccolo apportino , in base a quanto possono per la funzione che hanno, il loro contributo. I concetti di unione e di accettazione di ciò che è più grande rispetto a ciò che appare fisicamente più piccolo, nonché di consapevolezza di ciò che vediamo diverso per forma e funzione relativamente agli organi ed alle membra del nostro corpo, favoriscono i principi di convivenza delle genti, benché diverse fra di loro per etnia e morfologia . Osservando bene la pratica dell’aikido si osserva che, a differenza di tutte le altre arti marziali, una tecnica non può efficacemente riuscire se non la si esegue proprio in quel dato modo. Ai più la cosa appare negativa, giacchè per raggiungere una buona esecuzione, quindi, occorre molto più tempo di qualsiasi altra arte marziale e ,allora, si pensa, forse troppo in fretta, di avvicinarsi a qualche altra disciplina o addirittura a qualcosa di diverso. Il motivo fondamentale perché è così è da ricercare nel messaggio che questa affascinante e misteriosa disciplina vuole trasmetterci addirittura ad ogni sua tecnica, ad ogni suo movimento. Orbene la spiegazione anche di quanto testè detto non è tanto da scoprire nel meccanismo posto in essere dai nostri muscoli, quanto dal ragionamento che noi siamo costretti a fare e accettare, allorquando pratichiamo nel dojo e fuori di esso. Forse appare più chiaro capire come anche dalla visione di una goccia d’acqua possa essere compresa la vastità di un oceano e comedall’oceano possa farsi ritorno alla piccola, minuscola goccia. Non a caso in aikido, contrapponendosi ad esempio al kung fu dove la maggior parte delle forme ( kata ) copia i movimenti degli animali, i principi delle tecniche sono quelli che governano la natura e il mondo. Anche in un ecosistema ,benché la vita e la morte accomunino tutte le cose ivi insistenti, si può notare questa – collaborazione – tra tutti gli esseri nel rispetto rigoroso delle loro funzioni in maniera tale da conservare e preservare l’ambiente da essi abitato. Orbene, pur se in modo non decisamente umano, anche in un ecosistema può quindi notarsi l’importanza che riveste ogni singola cosa all’interno di una più grande.
Anche l’uomo è in un certo senso un piccolo ( o grande ) ecosistema dove i tessuti, le cellule, gli organi, i muscoli, i tendini e così via svolgono il loro compito e consentono all’involucro ( corpo ) di vivere. E’ pur vero, tuttavia, che quando vive il solo corpo si è soliti dire che ” vegeta ” e non propriamente vive. Noi uomini infatti abbiamo da sempre asserito l’esistenza di qualcosa, in noi stessi, decisamente non palpabile, come una guancia o una ciocca di capelli, ma altrettanto reale. Non si conosce come questa cosa, che alcuni chiamano anima, altri io, altri ragione e così via, sia veramente. Di essa è certa, per contro, la conoscenza dei suoi effetti e in misura ridotta di ciò che può fare . Per molti questa forza è così potente, benché lo si ripete decisamente impalpabile, che governa ogni corpo, anzi per taluni l’intero universo. A mio giudizio essa è tale da governare l’universo intero quando si pone sulla stessa frequenza d’onda dell’energia cosmica in maniera del tutto naturale e senza secondi fini, lasciando che il proprio corpo accetti, anche se per un solo istante, di essere uno nell’immensità dell’universo. Orbene ogni tecnica di aikido prepara il nostro involucro a questo momento e quando il corpo e la mente sono allineati su uno stesso piano, del tutto immaginario, è possibile essere attraversati dalla forza cosmica. Uno dei passaggi fondamentali perché possa accadere ciò e che ogni uomo ami ogni cosa presente nell’universo,uomo incluso, e ne comprenda appieno l’importanza e quindi accetti ogni altro essere vivente e non come qualcosa che comunque gli appartenga. A mio modo di vedere, il concetto di socializzazione è proprio in ciò ed il corpo umano ne fornisce la materia e l’aikido gli strumenti. Proprio per questo motivo la pratica costante dell’aikido rende ogni individuo più persona e quindi ne favorisce l’inserimento spontaneo in un gruppo , oltre l’accrescimento interiore, a condizione che rispetti gli altri ancor più delle proprie membra.