La dottrina delle arti marziali contiene tanti riferimenti a quella particolare setta buddista conosciuta in giappone come ” zen “. Dalle fonti storiche si e’ accertato che i guerrieri nobili frequentavano i templi buddisti per prepararsi con la meditazione alla loro vocazione militare. Queste sale venivano chiamate ” dojo “, ossia il nome di un luogo dedicato ad esercizi religiosi. In sanscrito originario ” bodhimandala ” : luogo di illuminazione. Ancora oggi si usa il termine dojo e, come un tempo, indica il luogo dove viene praticata ed insegnata una particolare derivazione del budo: judo, karate, aikido ecc. .
Il fine primario dello zen e’ ritrovare la semplicita’; in buona sostanza ritornare allo stato originale di purezza e trasparenza. Oggi, come un tempo, nel dojo si praticano anche tecniche della meditazione e della concentrazione che comportano l’uso del hara ( addome ) ed i relativi esercizi di respirazione addominale. Accrescendo vitalita’ e forza con la respirazione addominale, aumentano le capacita’ di concentrare le energie mentali alla ricerca introspettiva della verita’: una verita’ che nello zen si trova principalmente in se stessi.
La pratica delle tecniche di aikido tradizionale aiuta a sviluppare vitalita’ e forza interiore, migliorare la propria qualita’ di vita ed aiutare gli altri. Allorquando l’infinitesimamente grande diventa sinonimo di infinitesimamente piccolo e’ possibile comprendere la vastita’ di un oceano osservando l’acqua raccoltasi in una pozzanghera.